X

Arrigo Minerbi

(Ferrara 1881 – Padova 1960)

Maternità (calco del rilievo per gli Istituti Clinici Mangiagalli, Milano), 1930

Gesso, cm 172 x 187 x 32

Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis”, inv. 6106

Il sodalizio tra politica e arte promosso dal fascismo per rafforzare il proprio consenso culminò negli anni Trenta con la grande stagione dell’arte monumentale. La vasta attività edilizia e urbanistica intrapresa dal regime offriva ad artisti e architetti la possibilità di concorrere alla creazione di una nuova arte pubblica che contribuisse a ridisegnare l’immaginario collettivo della nazione. La scultura e la pittura murale recuperavano così una funzione sociale e pedagogica, superando la dimensione privata del collezionismo e le finalità celebrative dei monumenti.

Minerbi dimostrò una precoce consapevolezza del ruolo collettivo dell’arte. Scultore ammirato da Gabriele d’Annunzio, era autore di monumenti di grande fortuna come la Vittoria del Piave (Guoggiono 1924, Ferrara 1928, Gardone Riviera 1935) e il Monumento al medico caduto in guerra (Firenze 1924). Nel 1930 gli venne commissionato un monumento per l’atrio della clinica Ostetrico Ginecologica intitolata a Luigi Mangiagalli e lo scultore accantonò l’iconografia tradizionale del ritratto del medico richiesta dalla committenza privilegiando una rappresentazione con una spiccata valenza sociale: raffigurò a bassorilievo la scena di un parto esaltando ad un tempo, il ruolo salvifico e compassionevole dell’ostetricia e il tema della maternità che incarnava il caposaldo della famiglia patriarcale e uno dei presupposti ideologici delle regime. La fortuna di quest’opera indusse Minerbi a ripetere l’impianto nel monumento a Carlo Forlanini, come dimostra un bozzetto conservato presso il museo. Il calco in gesso della Maternità, restaurato nel 2023 grazie al contributo della Regione Emilia-Romagna, testimonia l’evoluzione di un tema ricorrente nell’opera di Minerbi. All’interno di una cornice rettangolare si assiste alla nascita di un bambino accudito teneramente da due ostetriche mentre la madre, sfinita dopo il parto, riposa. Dietro all’apparente spontaneità della rappresentazione si celano però riferimenti alla storia della pittura, dagli affreschi rinascimentali di Ghirlandaio e Andrea del Sarto alle recenti maternità del ritorno all’odine. Lo stesso Minerbi, in una lettera del 1930 al presidente degli Istituti clinici Luigi Mangiagalli, sottolineava: «La mia arte, frutto sempre di meditazione, ha solo le apparenze del vero. In sostanza è invece un “vero ideale”, lontanissimo dalla carne che è disfacimento. Senza voler fare un gioco di parole, potrei dire che il mio “vero” è sempre “allegorico”, e la mia allegoria è sempre veduta e goduta dal vero».