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Filippo de Pisis

(Ferrara 1896 – Milano 1956)

Il gladiolo fulminato, 1930

Olio su cartone incollato su tavola, cm 71,5 x 51 

Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis”. Donazione Franca Fenga Malabotta, inv. 2766

 

Stabilitosi a Parigi, nel 1925, De Pisis s’immerge nello studio dei capolavori degli antichi e dei moderni che può vedere nei musei e nelle gallerie della capitale francese e si lascia permeare dalla febbrile vita culturale della metropoli. Il multiforme bagaglio della formazione – dagli interessi eruditi, letterari e botanici agli studi storico-artistici fino ai contatti con la pittura metafisica – trova nuova linfa per germogliare in un personalissimo universo poetico.

Il gladiolo fulminato testimonia la prima maturità conquistata all’aprirsi degli anni Trenta, quando l’arte di De Pisis sembra trovare un linguaggio più acuto ed eloquente per esprimere quella religione delle cose a cui è fedele dalla giovinezza. Secondo il racconto dell’amico letterato Giovanni Comisso, questo capolavoro venne realizzato a Cortina, una sera dell’estate del 1930, dipingendo un mazzo di fiori: «Tra quei fiori vi aveva dipinto un gladiolo rosa, che non aveva raccolto, che non aveva aggiunto al mazzo, ma che era stato da lui fantasticato. Difatti quel gladiolo era trasfigurato con pochissime pennellate, tutte d’impeto, in una specie di calla rosata, che faceva soprattutto pensare al sesso femminile apparsogli d’intuito. E sopra in direzione di esso vi aveva tracciato di sghembo un raggio giallo che diceva essere un fulmine nell’attimo di colpire quel fiore grave di mistero». Memore della raffinata sensualità dei vasi di fiori di Manet, il dipinto incarna una toccante rappresentazione della fragile bellezza della vita, grazie a una messa in scena semplice quanto visionaria.

Il gladiolo fulminato è entrato a far parte delle collezioni ferraresi grazie alla generosa donazione di Franca Fenga Malabotta che ha lasciato a Ferrara la collezione di ventiquattro olii, settanta disegni e centosette riunita dal marito, il notaio, collezionista e critico d’arte Manlio Malabotta, tra il 1940 e il 1969.