Giuseppe Mentessi
(Ferrara 1857 – Milano 1931)
Pace, 1907
Olio su tela, cm 164 x 135
Museo dell’Ottocento, inv. 37
In un campo rischiarato dalle prime luci del mattino, sullo sfondo di un cimiteriale paesaggio lacustre dalle delicate ombre rosate, una giovane vestita di bianco e con il capo coperto da un impalpabile velo è ripresa in contemplazione mentre tiene un fascio di fiori fra le braccia. È l’angelica allegoria della Pace, caratterizzata da un aggraziato decorativismo di gusto liberty ma anche da una solida costruzione chiaroscurale che rende realistica l’immagine femminile. La peculiare fusione tra realismo sociale e simbolismo mistico che contraddistingue le opere di Mentessi nei primi anni del Novecento trova un’efficace corrispondenza formale nell’uso del pastello associato alla tempera. Tale tecnica consente all’artista di modulare la tessitura dei segni, rendendo più definiti alcuni particolari e sfumandone altri, in una suggestiva visione sospesa tra adesione al vero e trasfigurazione simbolica. Mentessi presentò il dipinto alla Biennale di Venezia del 1907 ma fu aspramente criticato: le recensioni lamentarono la ripetizione di un repertorio già visto e l’ormai antiquato linguaggio artistico, ritenuto attardato rispetto alle nuove tendenze. L’artista ricevette una solenne stroncatura anche da parte del giovane Umberto Boccioni che, in visita all’esposizione, annotò: «Mentessi orribile senile».